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           era stato eletto da Giovanni XXII nel 1328 e consacrato l’anno dopo .
           Nel corso di una articolata procedura, i legati di Benedetto XII, dopo
           avere scomunicato a Terracina l’infante, il cancelliere e i quattro conti,
           e avere sottoposto la Sicilia all’interdetto, il 9 gennaio 1339 avevano
           ingiunto a tutti i prelati siciliani, e ad ogni preposto ecclesiastico, di
           dare diffusione a quei provvedimenti, ma un monito diretto e specifico
           era stato rivolto soltanto ai tre vescovi di Agrigento, Cefalù e Siracusa.
           La loro espressa indicazione probabilmente non corrispondeva, come
           altrimenti si potrebbe pensare, ad una scelta motivata dalla condotta
           di quei vescovi rispetto agli altri prelati, ma pare che il monito fosse
           rivolto solo a loro per la circostanza che fossero gli unici vescovi ancora
           effettivamente presenti nelle diocesi siciliane, ai quali la sede apostolica
           si potesse rivolgere per la loro legittimità. A Palermo infatti l’arcivescovo
           Teobaldo, eletto da Benedetto XII, era assente, essendo rimasto alla
           curia pontificia, della quale faceva parte. Assente doveva essere anche
           l’arcivescovo di Monreale, Emanuele Spinola, eletto dallo stesso papa.
           Le vacanze delle altre diocesi (Messina, risalente al 1333, Mazara, al
           1335, Malta, Patti e Catania) saranno colmate solo sotto il pontificato
           di Clemente VI, quando i vescovi che erano stati eletti dai capitoli delle
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           cattedrali saranno rimossi dal papa .
              La scomunica, inflitta come vescovo soltanto all’Ombau, non sembra
           quindi dipendere da un suo comportamento particolarmente condanna-
           bile, che non risulta, ma dalla circostanza che fosse l’unico vescovo, tra
           quelli legittimamente consacrati, ad essere residente in Sicilia, e natu-
           ralmente dal fatto che fosse inadempiente, ma non più degli altri, rispetto
           alle disposizioni dei legati apostolici, che cioè risiedendo nel Regno fosse
           rimasto fedele al re. Il vescovo di Cefalù, il frate minore messinese Roberto
           Campolo, eletto nel 1333 da Giovanni XXII, si era infatti schierato deci-
           samente a sostegno del conte Francesco Ventimiglia, il quale si era ribel-
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           lato a Pietro II . Morirà durante il pontificato di Benedetto XII, ma se al
           momento delle scomuniche era ancora vivo, è da ritenere che nessuna
           inadempienza potesse essergli attribuita da parte pontificia.
              Diverso era il caso del vescovo di Siracusa. Morto nel 1336 il cata-
           lano Pietro Moncada, il capitolo aveva eletto Ogerio de Virzolio, ciantro




              12  S. Fodale, L’introduzione dello ‘ius spolii’ pontificio nella Sicilia del Trecento, in A.
           De Vincentiis (a cura di), Roma e il papato nel Medioevo. Studi in onore di Massimo Miglio,
           Roma 2012, I, pp. 284-287; S. Fodale, La svolta siciliana nel pontificato di Clemente VI,
           in Miscellanea per mons. Sergio Pagano, Città del Vaticano, in corso di stampa nella «Col-
           lectanea Archivi Vaticani», pp. 635-648.
              13  S. Fodale, La svolta siciliana nel pontificato di Clemente VI cit.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018       n.43
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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