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Frontiere marittime nel Mediterraneo: quale permeabilità? Scambi, controllo, respingimenti (XVI-XXI secolo)

Il progetto, di durata triennale, si propone di studiare la regolamentazione e le modalità del controllo degli scambi e dei transiti attraverso le frontiere marittime dell’area mediterranea, in una prospettiva storica di lungo periodo e in un’ottica interdisciplinare, con l’intento di storicizzare un fenomeno ancora attuale. Un approccio innovativo che combini la conoscenza del passato con la realtà presente consentirà un deciso ed efficace superamento di sterili paradigmi sullo ‘scontro di civiltà’ e di dualismi quale ‘individualismo vs. comunitario’, che hanno dominato il dibattito politico ed economico degli ultimi decenni. L’arco cronologico della ricerca si estende dal Cinquecento ai nostri giorni.
Gli obiettivi principali del progetto sono tre. Il primo consiste nell’analisi e rappresentazione, anche attraverso strumenti e metodologie innovative, delle modalità di costruzione delle frontiere, a seconda dei movimenti di carattere economico, politico, militare, sociale e culturale. Il secondo ha come oggetto la comprensione del rapporto fra congiunture economico-politico negative (carestie, epidemie, guerre, totalitarismi), apertura/chiusura delle frontiere e l’inclusione o il respingimento di soggetti esterni. Il terzo riguarda l’analisi delle modalità attraverso le quali le autorità politiche regolavano le emergenze così come le situazioni di normalità. Tali obiettivi saranno perseguiti in sinergia fra le quattro unità di Genova, l’istituto ISSM-CNR di Napoli, Palermo e Padova. Le quattro unità sono coordinate da giovani ricercatori non strutturati (Favarò a Palermo e Caracausi a Padova) e strutturati (Lo Basso a Genova e Colucci a Napoli) e sono composte non solo da affermati docenti afferenti alle Università di riferimento, ma anche da studiosi appartenenti ad altre istituzioni nazionali e internazionali. Il progetto si propone inoltre di avviare una concreta collaborazione, anche in prospettiva futura, con diversi enti e laboratori di ricerca nazionali e internazionali (fra gli altri, Red Columnaria di Murcia, CMMC di Nizza, l’ACP dell’Università di Paris Est Marne la Vallée, il Centro Studi Emigrazione di Roma).
La ricerca si concentra sull’idea di frontiera come spazio “geopolitico”, come luogo in continua definizione che fa capo a un ordine burocratico e amministrativo. Si tratta di una “frontiera mobile”, attraversata da uomini, tecnologie, merci e capitali, e continuamente ridefinita dalla relazione fra i centri di governo, le comunità locali, i corpi giurisdizionali (dalle corporazioni mercantili ai consolati del mare) e i singoli individui (stranieri, mercanti, viaggiatori e diplomatici).
La frontiera allarga o restringe le sue maglie in relazione a logiche politiche ed esigenze di sicurezza del territorio, dettate a loro volta da congiunture di carattere economico e sociale. L’attività coordinatrice del centro si intreccia in modo indissolubile con l’azione delle comunità locali, e il territorio assume un ruolo fortemente propositivo e cruciale nei momenti di emergenze (belliche, alimentari, sanitarie), durante le quali è necessario approntare soluzioni immediate.
Il problema delle modalità di controllo e di regolamentazione per l’attraversamento delle frontiere e della permanenza nel territorio da parte di singoli, o gruppi di persone, sarà analizzato in tre linee di ricerca, che vedranno la continua collaborazione di tutte le unità. La prima riguarda lo studio della permeabilità delle frontiere, dei criteri per il loro attraversamento legale e delle istituzioni preposte al controllo sul transito di uomini e merci. Nella seconda, la ricerca affronterà la questione dell’impatto della frontiera sulla dimensione politica, economica e sociale dei vari territori (valutando quanto i processi decisionali implichino una trasformazione della frontiera stessa), la progressiva trasformazione di aree di frontiera nazionali (ad esempio il confine orientale o l’isola di Lampedusa) in aree di frontiera internazionali e la creazione di nuove identità transfrontaliere. Nella terza linea si analizzeranno le pratiche di policy making delle diverse autorità, a partire dalla comunicazione con le istituzioni politiche e giudiziarie: si affronteranno nodi fondamentali come quelli relativi all’origine – dall’alto o dal basso – delle istanze di controllo, respingimento o inclusione (interrogandosi se la concessione di cittadinanza ne possa o meno essere un segnale), e alla natura dei percorsi decisionali, anche contraddittori, ai diversi livelli di autorità e responsabilità (governo, istituzioni intermedie, rappresentanti locali).
La prospettiva di lungo periodo proposta, dall’età moderna ai nostri giorni, farà emergere non solo i cambiamenti nelle interazioni fra poteri e istituzioni, ma anche gli eventuali elementi di continuità, stimolando possibili ripensamenti o affinamenti delle politiche attualmente poste in essere, a livello nazionale e comunitario. Il progetto utilizzerà una metodologia che permetta alla ricerca storica tout court di uscire dall’ambito più strettamente accademico, sposando l’intento più propriamente scientifico ad esigenze didattiche, divulgative e propositive di linee programmatiche da destinare ad un pubblico più vasto (ad esempio, gli insegnanti nelle scuole superiori). In questo senso, ma non solo, il progetto si inserisce all’interno degli obiettivi di Horizon 2020, con l’intento di proporre nuove forme di cooperazione e trasferimento delle conoscenze a livello europeo nel quadro della creazione di società inclusive, innovative e sicure.
In sede di bilancio sarà inoltre possibile ragionare sulla valenza delle funzioni di controllo “frontaliero”, per capire fino a che punto lo studio delle misure meramente tecniche risponda a precise logiche politico-giurisdizionali (e quanto sia definito in questo senso il livello di integrazione centro-periferia); e quale sia – anche alla luce di una percezione “dal basso” di quest’azione di difesa e sorveglianza – il grado di efficienza del sistema e il livello di sicurezza percepito, chiaramente fondamentali in vista della creazione del consenso sociale verso i ceti dirigenti. Infine, grazie alle ricerche condotte dal progetto Frontiere marittime nel Mediterraneo, la “frontiera” non sarà vista, concepita e considerata solamente come barriera, ma come una occasione ed una opportunità.

Maritime borders in the Mediterranean: how permeable are they? Exchange, control, denial of access (16th to 21st century)

This is a three-year project that intends to study the regulation and control of trade and transit across the maritime borders of the Mediterranean in a long-term historical perspective and with an interdisciplinary approach, in order to historicize a phenomenon which is of prime relevance today. An approach that combines knowledge of the past with current reality makes it possible to decisively and effectively overcome sterile paradigms such as the “clash of civilizations” and dualisms such as “individualism vs. community” that have dominated the political and economic debate of recent decades. The chronological breadth of this study extends from the 1500s to the present day.
This project has three principal objectives. The first is to analyse and represent, using innovative tools and methods, the ways borders are created as a function of economic, political, military, social and cultural variables. The second is to comprehend the relationship between negative economic-political circumstances (famine, epidemics, war, totalitarianism) and the opening/closure of borders. The third and final objective is to understand the ways in which political authorities have regulated emergencies as well as normal situations. These objectives will be pursued synergistically by four groups: Genoa, the ISSM-CNR Institute of Naples, Palermo and Padua. The four groups are coordinated by young researchers, both non-tenured (Favarò and Caracausi) and tenured (Lo Basso and Colucci), and are composed not only of professors belonging to the universities in the respective cities, but also of scholars from other national and international institutions. The project also intends to initiate and maintain concrete collaboration with various research bodies (above all, the CNR) and national and international research laboratories (including among others, Red Columnaria in Murcia, CMMC in Nice, the ACP of the University of Paris Est Marne La Vallée, the Center for emigration studies in Rome).
The research will concentrate on the idea of border as a “geopolitical” space, as a place whose definition is in constant evolution and linked to a bureaucratic and administrative order. In other words, a “mobile border” crossed by people, technology, goods and capital, constantly redefined in its relation with centres of government, local communities, judicial bodies (including merchant guilds and the Consulate of the Sea) and single individuals (foreigners, merchants, voyagers and diplomats).
Borders became more or less permeable in relation to political logic and territorial security requirements, at times dictated by economic and social circumstances. Central coordination was inextricably linked with actions of the local community, and the local territory assumed a highly proactive and crucial role in emergency situations (war, famine, epidemics) when immediate solutions had to be found.
The problem of the regulation and methods of control of border transit will be analysed in three phases and will entail the continuous collaboration of all research groups and will impact all lines of inquiry. The first phase will concern the study of border permeability, the criteria for legal crossing and the institutions put in place to control the transit of people and goods. In the second phase, research will concern the impact of border issues on the political, economic and social dimensions of various territories, evaluating to what extent decision-making processes determined a transformation of the border itself, its redefinition or the creation of transfrontier identities, the transformation of national borders areas in international ones (such as the eastern borders or the isle of Lampedusa). The thrid phase will analyse the policy-making practices of various authorities, beginning with the communication between judicial and political institutions: crucial issues will be dealt with such as the origin – central or local – of trade demands, control and approval or refusal of entry (it will be investigated if the granting of citizenship could be seen as a mark of inclusion), as well as the nature of often contradictory decision-making processes at the various levels of authority and responsibility (government, intermediate institutions, local representatives).
The proposed long-term time frame, from the modern age until today, will evidence not only the change in interaction between power and institutions, but also elements of continuity, and may stimulate the re-thinking or refinement of policies currently implemented on a national and European level. The project calls for a methodology which will free historical research tout court from an exclusively academic framework, embracing a more scientific objective, which also satisfies the need for didactic materials, information and proposals aimed at a much wider audience (for example, secondary school teachers). In one sense (but not only) the project refers to the goals of Horizon 2020, in proposing – within the frame of inclusive, innovative and safe societies – new forms of cooperation and transferring knowledge at a european level.
An analysis of the results will make it possible to discuss the function of “border control” and understand to what extent the study of technical measurements alone corresponds to precise political-judicial logical processes and, consequently, to a greater or lesser degree of central-peripheral integration. Furthermore, it will evidence what the perceptions are, on a local level, of the efficiency and the security level produced by defence and surveillance actions – these perceptions are clearly fundamental to the creation of social consensus in favour of the ruling class. Lastly, thanks to the results of this Maritime borders in the Mediterranean project, the “border” will no longer be viewed, conceived of and considered only as an inhibitor, but rather as an occasion and an opportunity.