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           e convinto nella costruzione della nuova sensibilità culturale (e presto
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           politica)  dell’Italia  di  primo  Ottocento .  In  questo  non  era  nulla  di
           nuovo, perché proprio gli sviluppi della nazionalità, seguiti all’impatto
           del discorso rivoluzionario di Francia, avevano favorito un poco in tutta
           Europa un pronto recupero, in chiave affatto diversa rispetto alla tra-
           dizionale antiquaria, del tema dell’antichità, considerato un sicuro
           punto d’appoggio per quanti, in una cavalcata all’indietro del tempo,
           andavano cercando conferma di una sorta di perennità della nazione.
           Nel caso italiano, profondamente segnato dopo il 1796 dalla presenza
           francese nella penisola, gli sviluppi di questa rinnovata e diversa atten-
           zione  verso  l’antichità  furono  immediatamente  successivi  ai  trionfi
           oltralpe del celtismo e valsero a legittimare la pretesa di tenere in qual-
           che modo testa a una presenza francese che nella penisola avrebbe
           altrimenti avuto il profilo di una mera dominazione.
              Sempre Galasso e Mascilli Migliorini non hanno mancato di ricor-
           dare il rilievo al riguardo di alcune opere, a cominciare dal Platone in
           Italia di Vincenzo Cuoco (pubblicato a Milano tra il 1804 e il 1806) e
           dall’Italia avanti il dominio de’ Romani, uscita a Firenze nel 1810 ad
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           opera dell’erudito livornese Giuseppe Micali . Sono lavori ambedue
           importanti, dove il volto rassicurante di una terra soleggiata e infor-
           mata alla classicità – quale i trionfi dell’opera di Winckelmann e le tante
           narrazioni di viaggio destinate a innervare il Grand Tour avevano defi-
           nito nel corso del secolo XVIII – sembra cedere il passo a una più cupa
           immagine, volta a raffigurare un mondo aspro e difficile, dove la con-
           formazione geografica, dominandovi luoghi impervi e scoscesi, aveva
           finito per tenere separate le sue genti e per favorire il mito di una pri-
           mitiva libertà, che solo i Romani, tutto uniformando sotto il loro domi-
           nio, avrebbero irrimediabilmente distrutto.
              Quelle di Galasso e Mascilli Migliorini son annotazioni importanti,
           che restituiscono luce a un profilo culturale dell’Italia di primo Otto-
           cento a lungo rimasto nella penombra dei paralleli trionfi di un canone
           risorgimentale, dove la ricerca delle origini storiche dell’identità italiana
           corre puntualmente ad altre stagioni: siano queste il Cinquecento, nel




              1  G. Galasso, L. Mascilli Migliorini, L’Italia moderna e l’unità nazionale, Utet, Torino,
           1998, pp. 545-54.
              2  Per un’edizione critica del Platone in Italia il rimando è al volume a cura di A. De
           Francesco e A. Andreoni, Roma-Bari, Laterza, 2013. Per una descrizione dell’opera di
           Micali, il rinvio rimane quello a P. Treves, Lo studio dell’antichità classica nell’Ottocento,
           Ricciardi, Milano-Napoli, 1962, pp. 293-311, cui si debbono aggiungere le note in Id.,
           L’idea di Roma e la cultura italiana del secolo XIX, Ricciardi, Milano-Napoli, 1962, pp.
           19-35 e il lavoro di P. Desideri, L’Italia di Giuseppe Micali e la cultura fiorentina del primo
           Ottocento, in C. Bianca, G. Capecchi, P. Desideri (a cura di), Studi di antiquaria ed epi-
           grafia per Ada Rita Gunnella, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2009, pp. 223-66.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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