Panel: “Linguaggi e pratiche dell’identità” Roma, 24 ottobre 2014

ATTRAVERSO LA STORIA – III EDIZIONE

Spazi, reti, linguaggi.
In ricordo di Elena Fasano Guarini

Roma, 23-25 ottobre 2014 (Palazzo Mattei di Giove via Caetani, 32)

PANEL

Linguaggi e pratiche dell’identità. Le procedure di identificazione e la pubblica fama tra Europa e Nuovo Mondo durante l’età moderna (24 ottobre, ore 11:15, Aula A – Sala della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea)

 Coordinatore: ALESSANDRO BUONO

 Relatrici e relatore: LAURA AMATO, ALESSANDRO BUONO, LIA DE LUCA

Il tema dell’identificazione personale, nell’arco degli ultimi 15 anni, ha acquisito un sempre maggior interesse nell’ambito degli studi storici e delle scienze sociali. Nell’ultimo decennio esso è stato spesso trattato come un «travail d’État» (Noiriel 2007) basato in gran parte sull’ascesa di uno specifico e nuovo «savoir d’État», a partire dalla fondamentale lezione foucaultiana sulla governamentalità (Foucault 1978, Scott 1998) – che ha profondamente segnato i pioneristici studi sul tema in area francese (per una rassegna About, Denis 2010) – e da un’interpretazione neo-weberiana di progressivo «monopolio statale dei mezzi di identificazione» (cfr. soprattutto Caplan, Torpey 2001), che ha caratterizzato soprattutto il dibattito anglosassone.

Tale accento posto sul soggetto «Stato» come ente identificatore e sulla sostanziale equivalenza tra identificazione e coercizione, ha favorito un’interpretazione del fenomeno che ha appiattito le ragioni dei soggetti identificati, reso meno evidente la loro agency e i loro interessi, così come l’esistenza dei saperi e delle tecnologie dell’oralità.

L’approccio che si tenterà di utilizzare in questo panel parte dal presupposto che sia necessario operare una preliminare distinzione concettuale nelle procedure di identificazione, dividendo l’«enumerazione» dalla «registrazione» dell’identità (cfr. Breckenridge, Szreter 2012). Tale distinzione permetterà di descrivere più correttamente tali processi e, in ultima istanza, di riconoscere come intimamente legati siano, nelle procedure di identificazione e registrazione dell’identità, gli aspetti coercitivi della categorizzazione e della individuazione e quelli “positivi” dell’attribuzione di diritti e di accesso a risorse materiali ed immateriali derivanti dall’inclusione (membership) in una comunità umana.

Un approccio metodologico di questo tipo, si rivela particolarmente necessario per chi voglia analizzare tali problemi in contesti “altri” rispetto a quelli dello stato-nazione nei secoli XIX e XX, siano essi, ad esempio l’Africa, l’Asia contemporanea o l’antico regime europeo, e mostra tutta la sua fecondità anche nel relativizzare e ripensare la storia e il senso della “modernità” europea ed occidentale.

Grazie a tre casi studio, che abbracceranno i secoli della età moderna e si avvarranno di esempi tratti sia dal Vecchio sia dal Nuovo Mondo, si cercherà di mostrare entrambe le facce di tale medaglia: mediante l’analisi degli aspetti coercitivi dell’identificazione, si metterà in evidenza come il fenomeno del controllo non sia solamente un meccanismo statale ma anche e soprattutto un corporativo «travail de société»; attraverso lo studio di particolari procedure di registrazione dell’identità, invece, si cercherà di far emergere come quello del pubblico riconoscimento della identità sia un bisogno dell’individuo e dei gruppi, dal quale discendono i diritti di appartenenza (alla famiglia, alla comunità ecc.) e di accesso alle risorse comunitarie (assistenza e welfare, diritti di proprietà ed eredità, accesso ai beni comuni, alle cariche pubbliche e al mercato del lavoro ecc.).

Particolare attenzione, sarà dedicata al linguaggio (mai neutrale dal punto di vista sociale e di genere) utilizzato dai soggetti e dalle istituzioni nelle procedure di identificazione e registrazione dell’identità, alla ricerca dei discorsi e delle pratiche volte a descrivere e certificare l’identità personale.

 

RELAZIONI

LAURA AMATO, Il linguaggio delle lettere orbe: meccanismi di identificazione e di controllo sociale informali nella Repubblica di Venezia

Nella Repubblica di Venezia il governo e le magistrature veneziane misero in atto un sistema fortemente basato sulla partecipazione dal basso, utilizzando strumenti quali le denunce anonime, per implementare le politiche di giustizia e ottenere il controllo sociale. Tramite numerosi premi e agevolazioni previsti per i denuncianti, si incoraggiava la partecipazione da parte della popolazione e si riusciva a superare il naturale timore che il popolo provava nei confronti delle autorità. L’articolato sistema veneziano prevedeva che per le diverse tipologie di reato vi fosse un’apposita “cassella” dove collocare il foglio anonimo. Questo istituto, che nasceva dal basso, veniva però utilizzato dalle autorità per reperire informazioni e risalire all’identità dell’accusatore, mettendo così in atto tutta una serie di meccanismi d’identificazione informali. Si poteva risalire, tramite l’indagine e durante l’iter processuale, non soltanto all’identità del denunciatore, ma a informazioni e notizie riguardo il suo contesto sociale di appartenenza, riuscendo a infiltrarsi in quei contesti dove normalmente le autorità e il braccio della giustizia non sarebbero potuti entrare. Questi meccanismi di identificazione diventavano più espliciti se si considera che la partecipazione del denunciante, in qualità di testimone durante il processo, era prevista dalle leggi veneziane. Le denunce che verranno analizzate per questo contributo riguarderanno i reati gestiti dalla Magistratura degli Esecutori contro la Bestemmia, che si occupava principalmente di reati contro la morale, poiché fortemente esemplificativi del sentire comune e della mentalità dell’epoca.

Il periodo preso in considerazione è quello della seconda metà del Settecento, e, nello specifico, i decenni precedenti la caduta della Repubblica di Venezia. Tale periodo è emblematico poiché mostra la continuità della pratica delle denunce anonime nella Serenissima, in un periodo in cui il mutato clima culturale dell’Illuminismo, in particolare quello giuridico, stava contribuendo ad apportare cambiamenti sostanziali nei governi e nei sistemi giudiziari delle monarchie confinanti la Repubblica.

LAURA AMATO è dottoranda in studi storici presso l’Università degli Studi di Padova. Nel 2010 ha ricevuto il Premio di Laurea Specialistica “prof. Giuseppe Del Torre” assegnatole dall’Università Ca’ Foscari di Venezia. È collaboratrice del progetto Shared Culture “Progetto strategico per la conoscenza e la fruibilità del patrimonio culturale condiviso” nell’ambito del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia, coordinato dal professor C. Povolo dell’Università Ca’ Foscari. Collabora con il professor C. Povolo per altre ricerche che vertono sullo studio del processo penale e del rapporto tra governanti e governati nel Veneto dell’Ottocento austriaco. I suoi interessi scientifici riguardano lo studio della storia delle istituzioni giuridiche e del processo penale, confrontando il Settecento veneto della Serenissima con il contesto di primo Ottocento del Lombardo Veneto sotto la dominazione dell’Impero Austriaco. Nel 2010 ha pubblicato il saggio “Un bandito e molte storie. La vicenda di Zanzanù tra memoria e mito” in Liturgie di violenza lungo il lago. Riviera del Garda tra ’500 e ’600, Ateneo di Salò (BS). Sono in fase di pubblicazione altri suoi saggi.

 

ALESSANDRO BUONO, La registrazione dell’identità come rituale performativo. Procedure di identificazione e diritti di successione in Italia e nell’America spagnola durante la prima età moderna

Attraverso una fonte di grande interesse, le cause per eredità vacanti svoltesi difronte ai tribunali del Magistrato Straordinario di Milano, degli Ufficiali al Cattaver di Venezia e presso la Casa de Contratación e i Juzgados de bienes de difuntos tra penisola iberica e America spagnola, si cercherà di mostrare come la procedura di identificazione, lungi dall’essere solamente frutto della coercitiva volontà di sapere del cosiddetto «Stato Moderno», sia intimamente legata a pratiche e saperi che nascono dal basso, oltre che necessaria ai soggetti per assicurare i propri diritti di accesso alle risorse familiari e comunitarie (segnatamente, i diritti di proprietà e successione).

I tribunali identificatori, spesso sollecitati da delatori in cerca di laute ricompense, erano chiamati ad attivare i poteri locali (familiari, corporativi, comunitari ecc.) per giungere a scoprire i legami parentali di persone morte ab intestato e delle quali non fossero conosciute le generalità. In ultima istanza, coerentemente con la cultura di diritto comune e con le procedure inquisitorie di tali tribunali, ciò che emergerà è il ruolo predominante della “pubblica fama” e delle pratiche sociali nella dimostrazione in sede giudiziaria dell’identità e del legame di parentela (Herzog 2003, Cerutti 2012).

Essere parenti e quindi avere diritto alla successione ereditaria, in antico regime, è qualcosa che va continuamente ribadito attraverso rituali performativi e pubblici (ad es. “chiamarsi” e “trattarsi” pubblicamente da parenti, ed essere riconosciuti come tali) (Appadurai 1996) capaci di registrare nella memoria comunitaria tale status – una vera e propria «anagrafe orale» ritenuta spesso più affidabile dei registri scritti e custodita con le tecnologie dell’oralità (Merzario 1981, 1982, 1984) – esigibile successivamente in tribunale al fine di difendere i propri diritti.

ALESSANDRO BUONO è assegnista di ricerca in Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Padova, dove svolge una ricerca su “Lavoro, migrazioni e controllo attraverso le frontiere marittime del Mediterraneo in età moderna” nell’ambito del progetto FIRB “Frontiere marittime nel Mediterraneo: quale permeabilità? Scambi, controllo, respingimenti (XVI-XXI secolo)”. Dottore di Ricerca in “Studi Storici per l’Età Moderna e Contemporanea” (Università di Firenze) si è occupato di storia delle istituzioni politiche e militari della Lombardia spagnola, tematica alla quale ha dedicato alcuni saggi e il libro Esercito, istituzioni, territorio. Alloggiamenti militari e «case herme» nello Stato di Milano (secoli XVI e XVII), FUP 2009. Attualmente è impegnato in una ricerca sul tema delle procedure di identificazione e registrazione dell’identità in Italia e America Latina durante l’antico regime, problematica alla quale ha di recente dedicato i saggi Identificazione e registrazione dell’identità. Una proposta metodologica, in «Mediterranea. Ricerche storiche», 30, aprile 2014, pp. 107-120; Le procedure di identificazione come procedure di contestualizzazione. Persone e cose nelle cause per eredità vacanti (Stato di Milano, secc. XVI-XVIII), in L. Antonielli (ed.), Procedure, metodi, strumenti per l’identificazione delle persone e per il controllo del territorio, Rubbettino 2014, pp. 35-65; La manutenzione dell’identità. L’identificazione degli eredi legittimi nello Stato di Milano e nella Repubblica di Venezia (secoli XVII e XVIII), in corso di pubblicazione per la rivista «Quaderni Storici».

 

LIA DE LUCA, L’identificazione nella Repubblica di Venezia attraverso il filtro del processo penale

I processi penali non sono interessanti solo per lo studio dei meccanismi con cui veniva mantenuta e/o ripristinata la calma sociale in seguito ad un avvenimento disturbante. Attraverso l’analisi di numerosi processi svoltisi nel territorio della Repubblica di Venezia, in particolare nel Settecento, è possibile ricostruire la fisionomia delle persone coinvolte nei procedimenti penali. Alcuni processi sono particolarmente utili a questo scopo, per esempio quelli per insurrezione, perché coinvolsero gran parte delle comunità locali. Uno studio minuzioso di questi incartamenti offre un interessante spaccato sociale. L’attenzione della Giustizia si concentrava sugli accusati, dandone descrizioni fisiche e di “fama” presso la Repubblica e la comunità locale; se si trattava di noti malfattori la descrizione poteva essere più ricca, ma qualche parola veniva spesa per quasi tutti gli imputati. Non si trattava però dell’unico caso di identificazione all’interno dei procedimenti penali: spesso i cancellieri davano sommarie descrizioni dei testimoni, aggiungendo anche l’età presunta e qualche commento sull’abbigliamento o la professione; talvolta bisognava identificare un cadavere cercando di dare un nome alla vittima.

Questo intervento si propone di individuare ed approfondire il meccanismo con cui lentamente assunsero importanza i tratti caratterizzanti dell’individuo, in parallelo alla sua posizione all’interno della comunità di riferimento. È interessante capire come, assieme alla necessità crescente di identificare le persone coinvolte dalla Giustizia, aumentassero i caratteri somatici annotati dai cancellieri prima degl’interrogatori; le informazioni dipendevano anche dall’importanza delle persone implicate e dal peso delle loro testimonianze. L’intervento ricostruirà questo procedimento di lenta “catalogazione” delle tipologie umane, cercando di mettere in luce i punti di vista dell’inquisitore, spesso non coincidenti con la necessità della Repubblica di non creare eccessivo scompiglio nelle comunità coinvolte, per non fomentare un pericoloso malcontento sociale.

LIA DE LUCA è dottore di ricerca in “Storia sociale europea dal Medioevo all’Età Contemporanea” (Università Ca’ Foscari di Venezia). La sua tesi Venezia e le immigrazioni in Istria nel Cinque e Seicento ha vinto il “Premio Achille e Laura Gorlato 2012” indetto dall’Ateneo Veneto. Collabora al progetto Shared Culture “Progetto strategico per la conoscenza e la fruibilità del patrimonio culturale condiviso” finanziato nell’ambito del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia, coordinatore il professor C. Povolo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Collabora al progetto Mare. Le relazioni e i dispacci dei Rettori dello Stato da Mar promosso dalla Società Dalmata di Storia Patria (www.statodamar.it). I suoi interessi scientifici vertono sull’antropologia giuridica e la storia sociale, in particolare sullo Stato da Mar veneziano nell’età moderna. Ha pubblicato il saggio Le immigrazioni in Istria nel Cinquecento e Seicento: un quadro d’insieme, in «Ateneo Veneto», CXCIX, terza serie 11/I-II (2012), il saggio L’interprete nella dimensione della testimonianza: il caso istriano, in «Acta Histriae», 19, 2011, 1-2, pp. 141-156 ed il saggio Giurisdizione, cultura e conflitti ad Albona intorno alla metà del Settecento, in «Acta Histriae», 18, 2010, 4, pp. 937-960.

 

Riferimenti Bibliografici

About I., Denis V. (2010), Histoire de l’identification des personnes, Paris, La Découverte. Appadurai   A.        (1996),            Modernity at large: Cultural Dimensions of Globalization, Minneapolis and London, University of Minnesota Press.

Breckenridge K., Szreter S. (eds.) (2012), Registration and Recognition : Documenting the Person in World History, Oxford, Oxford University Press and British Academy.

Caplan J., Torpey J. (2001), Documenting individual identity. The development of state practices in the modern world, Princeton and Oxford, Princeton University Press.

Cerutti S. (2012), Étrangers: Étude d’une condition d’incertitude dans une société d’Ancien Régime, Montrouge, Bayard.

Foucault M. (1998), La governamentalità, «Aut-aut», 167-168, pp. 12-29.

Herzog T. (2003), Defining Nations: Immigrant and Citizens in Early Modern Spain and Spanish America, New Haven, Yale University Press.

Merzario R. (1981), Il paese stretto. Strategie matrimoniali nella diocesi di Como, secoli XVI-XVIII, Torino, Einaudi.

Merzario R. (1982), La buona memoria. Il ricordo familiare attraverso la parola e il gesto, «Quaderni Storici», 51/3, pp. 1001-1026.

Merzario R. (1984), Il tempo della memoria. Il ricordo del passato nelle comunità contadine (XVII secolo), «Bollettino del Centro Internazionale di Storia dello Spazio e del Tempo», 2, pp. 26-44.

Noiriel G. (éd.) (2007), L’identification. Genèse d’un travail d’État, Paris, Belin.

Scott J.C. (1998), Seeing Like a State: How Certain Schemes to Improve the Human Condition Have Failed, New Haven-London, Yale University Press.