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Un napoletano nella Rivoluzione francese: appunti per una biografia di Luigi Pio   151


                    Qui si trovano notizie sulla situazione di Pio, ormai non più in grado
                    di lavorare dopo un incidente che ha danneggiato la sua mobilità. La
                    più interessante è che tra gli amici che lo aiutano c’è Lafayette, «le
                    compatriote des deux mondes», egli scrive, eletto deputato di recente,
                    il  quale  gli  ha  appena  fatto  pervenire,  non  per  la  prima  volta,  una
                    somma sufficiente a farlo vivere per un mese .
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                       Questi segni tangibili di amicizia proprio da parte di Lafayette po-
                    trebbero sorprendere, pensando al passato estremista dell’ex diploma-
                    tico napoletano e al complicato rapporto del marchese con gli itinerari
                    politici rivoluzionari e napoleonici. Evidentemente, ciò che era stato
                    condiviso negli anni Ottanta intorno ai plenipotenziari statunitensi e
                    alla Rivoluzione americana stessa rimaneva importante sul piano per-
                    sonale. Non trascurerei, ancora una volta, la consonanza sul fronte
                    del laicismo, posizione che Lafayette ebbe occasione di dimostrare an-
                    che all’epoca del Concordato del 1801.
                       Di nuovo, nella lettera a Jefferson del 1816, Pio afferma di essersi
                    sacrificato per la libertà e ribadisce che l’ha imparato da Jefferson:
                    «vous m’en avez instillé les premiers principes, et je suis digne d’être
                    homme». Qui Pio evoca, credo non casualmente, una frase con cui il
                    suo amico Sylvain Maréchal, deceduto nel gennaio 1803, aveva criti-
                    cato all’inizio del 1793 quella che già percepiva come una deriva na-
                    zionalista della Rivoluzione: «va, cours, sois patriote: tu n’étais pas
                    digne d’être homme» . «Les Français, et les autres Peuples de l’Eu-
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                    rope en diront ils autant?» continuava Pio a proposito dell’essere de-
                    gni del nome d’uomo, dimostrandosi ancora cosmopolita e dichiaran-
                    dosi ottimista sul futuro. Tuttavia, era tardi per lui. «Cela viendra,
                    mais  mes  yeux  seront  fermés»:  salutava  infatti  Jefferson  con  un
                    «Vale», un addio .
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                       Alla fine della sua vita, Pio percepiva quel passato condiviso come
                    la radice delle sue scelte dal 1789 in poi. Più nota della sua corrispon-
                    denza con Jefferson è quella con Benjamin Franklin, plenipotenziario
                    statunitense profondamente coinvolto nella vita culturale e politica pa-
                    rigina. Pio infatti nei primi anni Ottanta fece da tramite fra Franklin e
                    Filangieri, che aveva conosciuto a Napoli prima di trasferirsi a Parigi e
                    col quale già allora condivideva l’appartenenza massonica. Franklin se
                    la cavava con l’italiano ed era fortemente interessato alla Scienza della
                    legislazione, i cui primi due volumi gli furono regalati dallo stesso se-
                    gretario di legazione. Pio, come scrisse a Filangieri nel settembre 1781



                       59  Vedi sopra, nota 48.
                       60  S. Maréchal, Correctif à la révolution, Cercle social, Paris, 1793, p. 118: si veda
                    E.J. Mannucci, Finalmente il popolo pensa cit., pp. 141-142.
                       61  Vedi sopra, nota 48.


                                                  Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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