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La regina del fascismo. Lo sviluppo del polo marittimo napoletano... 165
liberale meridionale. Una migrazione di forze e capitali che si presenta
non solo come transregionale ma anche intraregionale. Ad avvantag-
giarsi della retrocessione della piazza napoletana furono infatti anche
i porti dello stesso golfo napoletano, i quali si specializzarono ancor di
più in particolari correnti di traffico sottraendole all’ex capitale ; pa-
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rallelamente si assistette ad uno spostamento del baricentro dell’ar-
mamento del golfo verso Torre del Greco e la penisola sorrentina . La
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grande deflazione degli anni Ottanta dell’Ottocento, la crisi agraria, il
varo di una politica protezionista e la rottura commerciale con la Fran-
cia determinarono, poi, una complessa ristrutturazione dei traffici
mondiali e un’accelerazione nella rivoluzione dei trasporti, che ebbero
l’effetto di aggravare il ritardo accumulato dalle forze economiche na-
poletane. La miopia con la quale il compartimento marittimo napole-
tano rimase strettamente legato al trasporto a vela , la diffidenza con
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la quale il ceto mercantile locale guardò alle innovazioni nelle tecniche
di scambio e, infine, la ritrosia della borghesia napoletana ad inve-
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stire capitali di rischio in un settore notoriamente ad alta intensità di
capitali qual è la navigazione, condannarono la piazza napoletana a
rivestire un ruolo sempre più marginale in un mondo in forte trasfor-
mazione .
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Proprio uno dei principali effetti delle trasformazioni in corso sul finire
del secolo, ossia l’emigrazione transoceanica dà la cifra del ritardo matu-
rato. Quel fenomeno che portò centinaia di migliaia di persone a partire
da Napoli alla volta delle Americhe certamente ingrossò le cifre del ton-
nellaggio del porto e creò un giro d’affari in città per molti operatori spe-
cializzati nell’offerta di svariati servizi – non sempre legali e onesti – agli
30 Efficace risulta l’espressione «arco di portuosità» usata da Silvio De Majo per in-
dicare quel sistema portuale che partiva dal porto di Baia specializzato nel commercio
di pozzolana e arrivava fino al porto di Castellammare specializzato nell’approvvigiona-
mento delle industrie cittadine, tra le quali il cantiere navale e i mulini e pastifici di
Gragnano. Cfr. S. De Majo, Il porto di Napoli: dall’Unità alla Seconda guerra mondiale.
Storia di una lenta affermazione, in G. Garzella, R. Giulianelli, I. Simonella, O. Vaccari
(a cura di), I porti della penisola italiana. Due mari a confronto tra storia e sviluppo futuro,
Pacini Editore, Pisa, 2011, p. 189. Sul tema si veda anche G. Moricola, Il cabotaggio in
età postunitaria in P. Frascani (a cura di), A vela e a vapore, Donzelli, Roma, 2001, pp.
58-67.
31 A. Berrino, I sorrentini e il mare in P. Frascani (a cura di), A vela e a vapore, cit.,
pp. 29-53.
32 Nel 1905 i compartimenti marittimi di Napoli e Castellammare di Stabia raduna-
vano quasi un quarto del tonnellaggio dei velieri italiani. Cfr. E. Corbino, Economia dei
trasporti marittimi, Istituto editoriale del Mezzogiorno, Napoli, 1966, pp. 51-148.
33 P. Frascani, Mercato e Commercio a Napoli dopo l’Unità in P. Macry, P. Villani (a
cura di), La Campania, Einaudi, Torino, 1990, pp. 209-221.
34 M. Stopford, Maritime Economics, Routledge, London and New York, 2009, pp. 23-
35; C. Smith, Coal, Steam and Ships. Engineering, Enterprise and Empire on the Nine-
teenth-Century Seas, Cambridge University Press, Cambridge, 2018.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)