Page 172 - mediterranea 57
P. 172
172 Dario Salvatore
5. La seconda fase della guerra tirrenica
Il sopraggiungere della crisi economica del 1929 determinò nel
breve periodo una contrazione dei traffici e una diminuzione della pro-
duzione fisica con riflessi particolarmente pesanti per alcuni settori ad
alta intensità di capitali come la navigazione, la cantieristica e la side-
rurgia . Questi settori si erano legati a vicenda nel processo di indu-
59
strializzazione italiana grazie al concorso di alcune banche miste come
la Banca commerciale italiana (Comit) e il Credito italiano (Credit),
prestatori di ultima istanza e outside directors di un sistema di gruppi
polisettoriali altamente integrati . Gli anni Venti dimostrarono la de-
60
bolezza dell’area napoletana proprio sotto questo aspetto. Nonostante
la Grande Guerra avesse rimesso in moto un discorso di industrializ-
zazione della città e permesso allo stesso tempo l’ascesa di una nuova
élite economica ben organizzata e capace di mobilitare forze e interessi
politici, alla fine i riordini del 1923 e del 1925 certificarono un’incapa-
cità della piazza marittima napoletana nel rompere lo ‘schiacciamento
tirrenico’.
Questo esito, più che testimoniare una politica vessatoria contro
Napoli, mette in risalto la debolezza contrattuale del tessuto produttivo
della città: mancanza di un profondo retroterra economico come Ge-
nova , mancanza di un’alleanza polisettoriale locale con i cantieri del
61
golfo di Napoli piccoli, dispersi e poco coordinati , una siderurgia mu-
62
tilata dalla chiusura dello stabilimento di Bagnoli nel dopoguerra e
59 Soprattutto il settore della cantieristica fu protagonista di un processo di concen-
trazione finanziaria supportato da alcuni dei principali insediamenti siderurgici del
Paese: il gruppo Ansaldo (Sestri Ponente e Sampierdarena), il gruppo Piaggio (Cantieri
navali riuniti di Ancona e Palermo e Cantieri del Tirreno di Sestri Levante) e il gruppo
Odero-Terni-Orlando Oto (Sestri Ponente, La Spezia, Livorno), e quello triestino (Cantieri
riuniti dell’Adriatico: Cantieri di Monfalcone, Cantieri San Marco, Cantieri San Rocco,
Fabbriche macchine Sant’Andrea). Cfr. G. Conti, Finanza e industria nei cantieri navali
dal primo dopoguerra agli anni ’30 in T. Fanfani (a cura di), La penisola italiana e il mare.
Costruzioni navali, trasporti e commerci tra XV e XX secolo, Edizioni scientifiche italiane,
Napoli, 1993.
60 Cfr. R. Giulianelli, Ship financing in Italy in the first half of the twentieth century,
«The International Journal of Maritime History», vol. 28, n. 2, 2016, pp. 335-355.
61 F. Milone, Il porto di Napoli. Studio di geografia economica, Società Anonima Tipo-
grafia Leonardo Da Vinci, Città di Castello, 1927.
62 Quando nel 1935 si costituì il Comitato tecnico per l’assetto dei cantieri navali
italiani da alcuni partecipanti, come Luigi Orlando della Oto, fu avanzata la proposta di
chiudere definitivamente i Bacini e Scali napoletani proprio sulla scorta della storica
limitatezza produttiva difficilmente espandibile e sulle cattive prove di buon vicinato tra
i cantieri napoletani. Acs, Asiri, Serie nera, Finmare, b. Sto/506, Comitato tecnico per
l’assetto dei cantieri navali italiani – Relazione a S.E. il presidente dell’Istituto per la
Ricostruzione Industriale.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)