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                sovvenzionata nell’area del Tirreno e le conseguenze che ciò avrebbe
                comportato per Genova. Si riconobbe tra i presenti la necessità di ra-
                zionalizzare un comparto scopertosi sovradimensionato all’indomani
                del divampare della crisi economica. Analogamente, però, non furono
                nascosti dubbi sugli intendimenti del Governo in fatto di designazione
                delle sedi di armamento. Non a caso gli ordini del giorno della riunione
                suonarono quasi come un monito lanciato all’esecutivo per il rispetto
                di  quella  «tradizione  dell’organizzazione,  della  concorrenza  estera  e
                delle esigenze dell’hinterland nazionale» che solo Genova poteva ga-
                rantire concludendo che la città ligure non poteva diventare un mero
                «scalo di linee nazionali facenti capo ad altri porti, né essere subordi-
                nata ad altri interessi» .
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                   La notizia della riunione e del voto espresso giunsero presto a Napoli,
                dove, come è presumibile aspettarsi, non ebbero un’accoglienza bene-
                vola. Il quotidiano «Roma» rimarcò la necessità che anche Napoli attra-
                verso le sue forze economiche e politiche facesse sentire i propri deside-
                rata al Governo .
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                   In aggiunta, il giornale napoletano ricordò i soldi spesi per l’ammo-
                dernamento del porto e la necessità di mettere in valore le opere che
                proprio in quegli anni stavano entrando a regime operativo, come solen-
                nemente rimarcato dalla pubblicistica fascista . Il sottolineare gli inve-
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                stimenti fatti dallo Stato e soprattutto la parola data da Mussolini e dalle
                gerarchie  fasciste  per  rendere  Napoli  quella  regina  promessa  fu  una
                strategia usata ampiamente dal «Roma» e dagli altri quotidiani locali.
                Con il richiamo agli oneri assunti, il fascismo veniva chiamato alla prova
                dei fatti dopo dieci anni di promesse e lavori.
                   La risposta al voto di Genova arrivò pochi giorni dopo dalle istituzioni
                napoletane mobilitate e coordinate dall’Alto Commissario della città Mi-
                chele Castelli. Il 17 aprile nell’ufficio di presidenza del Consiglio provin-
                ciale dell’economia di Napoli Castelli invitò il federale Schiassi, il pode-
                stà Duca di Bovino e il presidente della provincia per discutere del voto
                espresso dal Consiglio provinciale di Genova e della necessità di rispon-
                dere in maniera adeguata anche perché, come evidenziava Castelli, alla
                riunione genovese avevano partecipato personaggi importanti della so-
                cietà civile e del partito . Quello che Castelli cercò di realizzare nel più
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                breve tempo possibile fu un sodalizio di interessi convergenti che riu-
                nisse  associazioni  di  categoria,  autorità  cittadine  e  deputati  locali  in
                modo tale da controbilanciare gli interessi genovesi e generare un’effi-


                   67  «Il giornale d’Italia», 14 aprile 1931, Una riunione a Genova per il riordinamento dei
                servizi marittimi.
                   68  «Roma», 14 aprile 1931, Gli interessi di Napoli nella sistemazione dei servizi marit-
                timi del Tirreno.
                   69  «Il regime fascista», 10 agosto 1933, Il nuovo grande porto di Napoli.
                   70  Asn, Prefettura, Gab., II vers., b. 1107, doc. n° prot. 4412.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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