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                risultato sorprende anche solo ricordando cosa furono gli anni Venti
                per Napoli e quanto la piazza marittima napoletana dovette battagliare
                per  ottenere  delle  sedi  di  armamento  che  alla  fine  non  arrivarono.
                Come mai, dunque, quella designazione e perché proprio in quel mo-
                mento?
                   Sul come è opportuno ritornare a parlare delle conseguenze della
                Grande Crisi. Colpendo con più forza proprio i settori della siderurgia,
                della navalmeccanica, del credito, lo Stato si trovò investito in poco
                tempo del ruolo di creditore di ultima istanza nel finanziamento indu-
                striale in Italia; ruolo che venne consolidato dopo legge bancaria del
                1936. Tale posizione assegnava allo Stato una discrezionalità notevole
                nell’influenzare la riorganizzazione di molti gruppi della navalmecca-
                nica  e  dell’armamento  salvati  dall’intervento  pubblico   e  fu  questa
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                nuova posizione contrattuale che concretamente «impose» la designa-
                zione di Napoli come sede di armamento.
                   Sui motivi del perché il fascismo proprio in quel momento accon-
                sentì  a  tale  designazione,  sconfessando  in  parte  la  precedente  con-
                dotta politica, si possono avanzare allo stato attuale delle fonti due
                ipotesi che non necessariamente si escludono, al contrario si raffor-
                zano  vicendevolmente.  La  prima  è  politica  e  spiega  la  designazione
                come la decisione del fascismo di mettere in pratica ciò che da anni
                prometteva  alla  città  aspettandosi  in  cambio  un’adesione  più  forte
                della società e delle forze economiche napoletane. D’altronde, nel 1931
                Mussolini tornò a Napoli dopo sei anni dall’ultima volta e l’accoglienza
                fu tutt’altro che festante.
                   Sia Pasquale Villani  sia Paul Corner  hanno messo in evidenza
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                la  malcelata  antipatia  espressa  in  quella  occasione  dai  napoletani
                verso le autorità fasciste e l’amministrazione locale. La tiepida acco-
                glienza fu un campanello d’allarme che non poteva lasciare indiffe-
                rente Mussolini, il quale sfruttò a quel punto il momento di debolezza
                del capitalismo italiano per mostrare un rinnovato decisionismo e ca-
                pitalizzare un importante risultato d’immagine con il minimo impatto
                sul regime. Questa apertura governativa incontrava sul terreno le forze
                locali già in fermento come visto in occasione del voto di Genova. Il
                combinato disposto di disponibilità del regime e di mobilitazione terri-
                toriale in quello specifico momento (1931) fu la chiave per la designa-
                zione ‘politica’ di Napoli a sede di armamento.
                   La seconda ipotesi è tecnica e spiega la designazione come la scelta
                più efficiente nella riorganizzazione dei sistemi di collegamento della


                   84  Ivi., pp. 259-261.
                   85  P. Villani, Gerarchi e fascismo a Napoli, Il Mulino, Bologna, 2013, pp. 54-60.
                   86  P. Corner, The fascist party & popular opinion in Mussolini’s Italy, Oxford Univer-
                sity press, New York, 2012, p. 184.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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