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La regina del fascismo. Lo sviluppo del polo marittimo napoletano... 181
Durante il Ventennio il principale partner commerciale rimasero gli
Stati Uniti, verso i quali il porto napoletano nel periodo 1929-1938
assolse il 100% della domanda di frutta secca e l’80% di quella di con-
serve di pomodori. Sul versante delle importazioni, invece, la corrente
mediterranea rappresentò solo il 5% della movimentazione in entrata
nel porto nel periodo ora considerato . Valori così contenuti dipende-
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vano in non poca misura dalla mancanza di sostanziali vantaggi com-
parati tra Napoli e i porti mediterranei e coloniali, in quanto la compo-
sizione merceologica dei prodotti in uscita da entrambi i punti non
differiva in maniera concreta.
L’errore prima retorico e poi prospettico del fascismo e delle depu-
tazioni locali fu quello di pensare che la centralità geografica di Napoli
nel bacino del Mediterraneo bastasse per avere dei traffici sostenuti
con la medesima area, quando invece la distanza geografica esistente
tra due punti non sempre è necessariamente uguale alla loro distanza
economica .
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Presso l’Iri, la Bastogi e la Società meridionale di elettricità (Sme),
ossia «nelle sedi che contano» come le definisce De Benedetti , la
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realtà dei traffici napoletani era nota tanto è vero che nel 1936 apparse
su «Questioni Meridionali», la rivista che faceva capo a Giuseppe Cen-
zato e al management dell’Iri , una nuova indagine di Milone. Lo
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studio ribadì, quasi amaramente, che alla luce delle nuove statistiche
Napoli era condannata «nella ristrettezza e nella fisionomia economica
del suo retroterra» ad essere un porto di celerità:
pastifici. Infatti, molti molini erano ubicati in prossimità del porto di Napoli per lavorare
grandi quantitativi di frumento importato, più economico di quello nazionale. Con le
limitazioni sulla macinazione di grani esteri e il successivo divieto assoluto di importa-
zione nel 1933, il porto perse il suo vantaggio di localizzazione. Con i raccolti concentrati
negli anni Trenta nell’Italia centrale e settentrionale, molti dei molini delocalizzarono gli
impianti. Cfr. N. De Ianni, Per la storia dell’Industria a Napoli, Istituto Italiano per le
Storia delle Imprese, Napoli, 1990, pp. 40-44.
95 Icsr, fondo Cenzato, b. 3, fasc. 10, Porto di Napoli.
96 A. Cafarelli, Il leone ferito. Venezia, l’Adriatico e la navigazione sussidiata per le
Indie e l’Estremo Oriente (1866-1914), Viella, Roma, 2014, pp. 11-16; M.F.T. Mori, The
role of ports in the making of major cities: Self-agglomeration and hub-effect, «Journal of
Development Economics», Vol. 49 (1996), pp. 93-120.
97 A. De Benedetti, La via dell’industria. L’Iri e lo sviluppo del Mezzogiorno 1933-1943,
Donzelli, Roma, 1996, p.75.
98 Amministratore delegato e presidente della Società meridionale di elettricità (Sme)
e dal febbraio 1930 Presidente dell'Unione fascista degli industriali della provincia di
Napoli. Cfr. S. Barca, L’etica e l’utilità: appunti sul “meridionalismo razionale”
dell’ingegner Cenzato, «Meridiana», n. 31, gennaio 1998, pp. 137-178.
99 S. Zoppi, Questioni meridionali. Napoli (1934-1943), Il Mulino, Bologna, 2019.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Aprile 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)